sabato 8 novembre 2008

the first time

E così si ricomincia. Ho deciso di aprire un nuovo blog dopo aver giocato a FreeCell per due ore ed essermi svuotato a dovere la mente, e dopo aver capito che continuare ad aggiornare il vecchio blog era solo un modo per tergiversare e prendere tempo, senza per altro avere molto da dire. Lo facevo perché pensavo di avere ancora un conto aperto con il passato e che non sarei riuscito ad andare avanti sino a che non avessi risolto tutto, e che quel blog mi avrebbe impedito di allontanarmi troppo da ciò per cui era nato, l’obbiettivo stesso per cui quasi sei anni fa decisi di aprirne uno: fare ordine nella mia testa, dare un senso logico a quello che mi circondava, capire cosa non andava e come migliorare. Ma, ovviamente, tutto questo non è possibile. Le cose raramente hanno un senso e scrivere spesso e volentieri non fa altro che peggiorare le cose, soprattutto nella mia testa. Il passato è ancora con me, e me ne rendo conto ogni volta che torno a casa nei weekend o durante le festività: il passato è solido, quasi granitico, e se voglio davvero andare avanti devo accettarlo, e assimilarlo dentro di me (una sorta di blob emotivo, che incorpora a sé tutto quello che incontra – e, a livello di stazza, direi che ormai ci siamo quasi).
Nel frattempo, il mondo è andato avanti. L’America ha un nuovo presidente bello, giovane ed abbronzato (una carineria, certo, una battuta, ci mancherebbe, ma che al tempo stesso nasconde dentro di sé un razzismo viscido e latente, il vecchio “si pensa, ma non si dice”, molto peggiore di quello espresso e manifesto, che non è molto distante da frasi come “Al Quaeda sarà contenta”, che, oltre al razzismo neanche troppo latente citato prima, lascia trasparire un’ignoranza e una stupidità senza pari – o ci siamo già scordati di Borghezio che dà della “abbronzata” a Rula Jebreal?) e ho passato una notte insonne per vedere la Storia fare il suo corso, e ho pianto di gioia, invidiando tutte quelle persone festanti a Chicago. Ho manifestato contro una legge ingiusta che vuole vendere al miglior offerente il mio futuro e quello di chiunque voglia un’istruzione, e sono diventato parte integrante di qualcosa di più grande di me. Fumo talmente tanto da fare concorrenza a Joni Mitchell (che, nel frattempo, ha aperto un blog – fateci un salto e non fatela sentire sola), tento di andare a letto ad un orario decente senza mai riuscirci (e, con la mia dipendenza da Otto Sotto Un Tetto che aumenta di giorno in giorno, non credo che le cose miglioreranno presto), il mio pallore è sempre più cadaverico e i vestiti scuri non fanno che risaltarlo, e aspetto la venuta de La Padrona Di Casa (il maiuscolo è d’obbligo visto che, in oltre un anno di mia permanenza sotto affitto, non si è mai fatta vedere o ha telefonato per sapere se nel mentre il monolocale era esploso, allagato o entrato nella quarta dimensione) come un Messia. Se non altro, ho una nuova religione nella quale credere (un po’ come si canta all’oratorio: Nell’attesa della tua venutaaa… e poi dicono che i giovani non ha più fede, tsé).
Oggi ho fatto il giro dei tre migliori kebabbari della zona e ho fatto scorta per la nottata, insieme ad una spesa ingente (dopo una settimana di vuoto totale della dispensa, l’horror vacui si è impossessato del sottoscritto e lo ha costretto a prendere misure d’emergenza). Ora passerò il resto della giornata in attesa della chillout zone su Mtv alle quattro del mattino (a proposito di dipendenza notturna), mangiando kebab, ascoltando i Mercury Rev e giocando a Super Paper Mario, il modo migliore per un sabato in solitaria.
Alla fine, in oltre un anno, che cosa è cambiato davvero?

Snowflake in a hot world
Look around you
At all you’ve done
At all you’ve become
You’re where you should be
You’re where you should be
You’re where you should be

Melting into something… bigger than you
Melting into someone… someone new

Floating, drifting, changing… shifting